* * *

Il contesto

Faccio mea culpa. Solo recentemente ho acquisito piena consapevolezza che il 17 aprile si terrà un referendum per l’abrogazione di un articolo di legge riguardante le concessioni per le trivellazioni su fondali marini entro dodici (12) miglia marine (o nautiche)[1.] dalla costa. Quello delle 12 miglia marine è il limite delle acque territoriali; dalle 12 alle 200 miglia si è in acque non territoriali ma di competenza economica esclusiva dell’Italia (v. rif. [2.][14.]).
Sebbene cerchi di tenermi informato e aggiornato, confesso che, ammesso di esserne venuto a conoscenza prima, avevo rimosso e dimenticato questo evento. Le sempre più frequenti notizie in televisione, sui giornali e sul web, nelle ultime settimane, non potevano, alla fine, non solleticare la mia volontà di approfondire. 

A un certo punto si è cominciato a parlarne in casa, interrogandosi l’un l’altro per saperne di più. Probabilmente ritenendo che io avessi già una mia precisa opinione, per di più non in linea con quella che si stava indipendentemente formando, nessuno dei miei ha chiesto il mio parere, il che mi ha evitato di dover rispondere di non essere al corrente né del quesito né delle argomentazioni a favore né di quelle contro; ovvero, di non essermi formato nessuna opinione in merito. 

In realtà, un’opinione la stavo piano piano maturando, su una base più che altro emotiva e poco razionale, dovuta al fastidio provato nell’ascoltare tanto i favorevoli, quanto i contrari. L’impressione emergente era, infatti, dell’ennesima disputa tra guelfi e ghibellini in cui si tifa molto e si ragiona poco. Ascoltando, di tanto in tanto, le interviste in televisione e gli interventi dei favorevoli e dei contrari, s’è andata rafforzando l’idea che entrambi gli schieramenti tendessero a esagerare. Si passava da quelli che paventavano disastri ambientali (qualora non vinca il SI, ergo i cosiddetti No Triv), a quelli che prospettavano un nero futuro di crescente dipendenza energetica (caso opposto).  

Dai giornali ho appreso che alcuni che stimo molto (come Prodi[3.]) erano per non andare a votare (ergo far mancare il quorum) e, se avessero votato, sarebbero stati per il NO. Purtroppo, analoga posizione è sostenuta anche da altri che, invece, non stimo molto. Non potevo, dunque, appoggiarmi all’effetto di trascinamento della stima personale.  

Nel frattempo, è venuta fuori quella pubblicità a favore del SI (ovvero No Triv) sintetizzato nel (volgare) “trivella tua sorella” che mi ha lasciato un po’ a bocca aperta (anche se, alla mia età, non dovrei più essere sorpreso da nulla)[4.], [5.]. 

Ho, infine, ascoltato, in silenzio, senza intervenire e/o interferire, le discussioni che si tenevano a tavola in famiglia. In particolare, il lunedì di Pasqua, ho sentito, da un commensale che dichiarava di essersi ben informato, alcune affermazioni che mi hanno incuriosito: il referendum intendeva contrastare l’avere reso di interesse strategico nazionale la ricerca petrolifera espropriandone le regioni; con il SI (abrogazione della legge, vulgata No Triv) si sarebbe reso più sicuro l’ambiente evitando l’inquinamento causato dagli sversamenti; si sarebbe dato impulso alle fonti energetiche rinnovabili, etc.   

Ho, infine, appreso anche dell’esistenza di una nuova associazione denominata “Ottimisti e razionali” (http://ottimistierazionali.it/perche-or/) che spinge per il non voto (scelta legittima) e che si propone di snidare le bufale catastrofiste dell’informazione (il che è una posizione, razionalmente, condivisibile). Mi fa solo un po’ sorridere il nome, leggermente, come dire, pomposo, soprattutto perché ho osservato che a volte anche loro sostengono posizioni emotive e, pertanto, certamente ottimiste, ma non molto razionali. 

A questo punto ho deciso di prendere, come si suol dire, il toro per le corna (o il bufalo per sfruttare la simbologia degli Ottimisti e Razionali) e andare a vedere il gioco di tutti, con il mio metodo. Avrei dovuto farlo prima, ma non è troppo tardi.  

Nel seguito sono riportati i risultati delle mie ricerche. Ho cercato di essere quanto più possibile obiettivo, virgolettando e riportando in corsivo le citazioni, e facendo precedere dall’acronimo NdA i miei commenti, facilmente riscontrabili anche perché in corsivo e di colore diverso dal testo. Spero di essere riuscito a fare un po’ di chiarezza. Siccome cerco di mantenere un approccio razionale, questo post è organizzato in modo classico, con un’analisi dettagliata delle posizioni (tesi e antitesi) e, infine, un mio tentativo di sintesi (esporre quanto trovato nella fase euristica dell’analisi). Sono stato un po’ lungo, e di ciò mi scuso, ma un esame approfondito lo richiedeva; anche perché diffido sempre delle sintesi che non siano il frutto di analisi approfondite.

 

Il quesito 

Trovare il testo completo del quesito referendario non è facile. Chissà perché quasi nessun organo di stampa lo riporta in modo completo, ma lo sostituisce con proprie parole.   

Il testo completo, opportunamente virgolettato e in corsivo, come si usa quando si cita qualcosa di esterno, l’ho ritrovato nei siti di automoto.it [6.]wired.it[7.],  qualeenergia.it[15.], urbanpost.it [25.] (ce ne saranno certamente anche degli altri, ma non sono riuscito a visitarli tutti; mi scuso con chi ho dimenticato).  

Eccolo il testo: 

«Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?». 

Vediamo ora cosa recita il comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (Legge di Stabilità 2016[8.]) (in grassetto e sottolineata è la parte che sarebbe abrogata con la vittoria del SI). 

239. All'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dai seguenti: «Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell'ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale»”. 

Cercare di capire cosa recitassero il secondo e terzo periodo dell’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è impresa abbastanza problematica perché la bulimia legislativa italiana ha modificato questo articolo 6 mediante il comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 128 del 2010, aggiungendovi vari commi tra cui il 17 (originariamente non esistente) e, in seguito, modificando lo stesso comma 17 con l’art. 35 comma 1 della legge n. 134 del 2012, con l’articolo 1, comma 239 della legge n. 208 del 2015 (quello del referendum, per intenderci) e, infine con l’articolo 2, comma 1 della legge n. 221 del 2015. [11.] 

Il testo originale dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 conteneva solo 8 commi.[9.], [10.] 

Secondo La Repubblica (rif. [19.]), il referendum è stato proposto da nove consigli regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Calabria e Molise). Il Sole 24 Ore (rif. [14.]) chiarisce che le regioni a proporlo sono state dieci, perché inizialmente c’era anche l’Abruzzo, successivamente ritiratosi (v. anche l’Internazionale, rif. [13.]). 

 

Effetti immediati del referendum 

Il proposito dei promotori del referendum è chiaro: fermare alla scadenza delle concessioni in essere gli impianti di trivellazione entro le 12 miglia nautiche, senza possibilità di prolungamento ad libitum (sino a esaurimento) qualora il giacimento non fosse estinto, cosa che è, invece, consentita dal testo che si intende abolire. 

Non si tratta dunque di fermare le trivelle tout-court, come sostenuto enfaticamente da alcuni favorevoli al SI.[13.] 

Non si tratta neppure di pronunciarsi su altri argomenti quali: 

a)         La strategicità dell’attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi; 

b)         Il vincolo preordinato all’esproprio; 

c)         La possibilità che il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) si sostituisca alle regioni per autorizzare progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi (sinora di competenza delle regioni). 

Alcuni emendamenti alla legge di stabilità hanno, infatti, modificato il testo iniziale della stessa rimuovendo le norme che legiferavano su questi aspetti e hanno, quindi, vanificato i relativi referendum già ammessi dalla Corte Costituzionale. [13.] 

Restano però aperti due aspetti (v. Ilpost.it, rif. [16.]) riguardanti:  

-            Il Piano delle Aree, 

-            La proroga dei titoli, 

per i quali le regioni hanno sollevato un conflitto di attribuzioni.

 

I possibili scenari 

Il Sole 24 Ore, invece di mettere a confronto le ragioni dei SI e dei NO, nell’articolo (>>), di cui al rif. [14.], analizza gli effetti dell’uno e dell’altro scenario.  

Possibili effetti del SI, secondo Il Sole 24 Ore (rif. [14.]): 

a)        Allo scadere delle concessioni saranno bloccati diversi investimenti. Tra di essi spiccano tre grandi giacimenti attivi per i quali sono allo studio dei potenziamenti: Guendalina (di ENI) nell’Adriatico, Gospo (di Edison) davanti all’Abruzzo e Vega (di Edison) al largo di Ragusa.  

b)        Non ci saranno effetti oltre le 12 miglia, dove si prospettano giacimenti importanti. [NdA: Le stime ENI presentate nel rapporto “World Oil and Gas Review 2015” confermano questa affermazione solo per quanto riguarda il gas; si veda al proposito la mia nota al punto 3) all’inizio del paragrafo “Motivazioni del SI”.] 

c)        Pur essendo remoto il rischio di incidenti, esso è comunque incombente e potrebbe avere effetti particolarmente gravi. La vittoria del SI potrebbe allontanare questo rischio. [NdA: Non si capisce come sia possibile, giacché gli impianti non sarebbero chiusi subito!]. Al riguardo, il quotidiano cita l’inquinamento dovuto ai depuratori rotti dall’Abruzzo in giù [NdA: Il che è certamente un problema grave, ma non si vede cosa c’entri con l’argomento referendario.] 

d)       La vittoria del SI potrebbe avere effetti negativi sulla tecnologia italiana del settore; il polo di Ravenna è, infatti, leader mondiale nel settore della perforazione e della qualità ambientale. Oltre alla perdita di posti di lavoro, si corre quindi il rischio di un depauperamento tecnologico. [NdA: Questa conclusione sembra un po’ azzardata, visto che non sono vietate le attività tra le 12 e le 200 miglia, dove lo stesso giornale sostiene che ci sarebbero giacimenti immensi, e tenendo anche conto che il regime delle concessioni potrebbe prolungare ancora di molto lo sfruttamento dei giacimenti (si veda il 12) del paragrafo “La situazione corrente”.] 

Possibili ricadute di una vittoria del NO, secondo Il Sole 24 Ore (rif. [14.]): 

a)        Con la vittoria del NO le compagnie potranno richiedere un prolungamento della concessione per i giacimenti non esauriti, investire nel rinnovamento degli impianti, aggiornare le tecnologie produttive e di sicurezza ambientale, aumentare la produzione di idrocarburi. [NdA: Qui, forse, si confonde “prolungare” con “aumentare” la produzione, cosa quest’ultima assolutamente non automatica nel caso di prolungamento, appunto, della concessione.] 

b)        Le regioni continuerebbero a riscuotere le royalties e non patirebbero gli effetti di un aumento di importazioni di idrocarburi con accresciuto rischio ambientale e inquinamento. [NdA: Anche questo punto mi sembra un po’ debole; stiamo parlando di quantità marginali che riguardano in prevalenza il gas (si veda nel seguito); aumenterebbe certamente il costo delle importazioni, ma in misura assai contenuta l’inquinamento, perché il maggior quantitativo di gas potrebbe arrivare con i metanodotti.] 

Questo articolo tratta anche della situazione delle isole Tremiti (al riguardo si veda, anche, l’articolo di La Repubblica del 12 gennaio 2016 >>). Una compagnia irlandese, la Petroceltic, ha ottenuto il permesso di cercare in futuro eventuali giacimenti in acque non territoriali, cioè oltre le dodici miglia dalla costa del Molise e delle Isole. Ha pagato un diritto di cancelleria (di circa due mila euro) e, prima di iniziare le prospezioni, dovrà avviare una complessa e lunga procedura pubblica che prevede una VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), solo alla fine della quale potrà essere concessa l’autorizzazione a procedere. Al momento, col greggio deprezzato, l’attività è sospesa perché non c’è convenienza economica ad avviare le ricerche.  

Il sito qualenergia.it dedica un post al referendum (v. rif. [15.]) ed è tra i pochi che fornisce il testo completo del quesito referendario. Sugli scenari innescati dal referendum, le valutazioni sono le seguenti: 

1)        In caso di vittoria del SI non si perderebbe immediatamente nessun posto di lavoro, perché non farebbe cessare subito ma solo progressivamente l’attività estrattiva. [NdA: Condivisibile.] 

2)        Si ritornerebbe al vecchio regime delle concessioni che, prima della modifica, prevedeva una durata trentennale, prorogabile di altri venti anni, al massimo. [NdA: Corretto. Nell’esempio, tuttavia, il sito incorre in una svista, perché sostiene che una concessione ottenuta nel 1996, col vecchio regime scadrebbe nel 2026, mentre in realtà sarebbe teoricamente prorogabile sino al 2046.] 

3)        Non è vero che l’attività estrattiva nelle acque territoriali riduce la dipendenza italiana dall’estero, perché i giacimenti sono dati in concessione a società per lo più straniere che, a fronte del pagamento di royalties, possono poi farne ciò che vogliono. Le royalties incidono per il 7% del valore del petrolio estratto e per il 10% del valore di gas naturale. C’è però una franchigia per le prime 50 000 tonnellate di petrolio e i primi 80 milioni si standard metri cubi di gas estratti ogni anno. Nell’ultimo anno queste royalties hanno fruttato alle casse dello Stato solo 340 milioni di euro. 

4)        I dati del MISE (pdf) attestano che le riserve stimate in tutti i giacimenti coprirebbero il fabbisogno per 7 settimane per quel che riguarda il petrolio e 6 mesi per il gas. Questi giacimenti non rappresentano, dunque, una reale ricchezza. [NdA: Ma se le cose stanno così dov’è il motivo di preoccupazione? Non c’è quasi niente da estrarre, e i giacimenti si esauriranno velocemente! Questo argomento “utilitaristico” ripetuto da tutti i sostenitori del SI – vedi nel seguito – mi sembra deboluccio.] 

5)        Altre attività sono invece assai più importanti: turismo, pesca, patrimonio culturale, agroalimentare, piccola e media impresa. [NdA: Verissimo; ma ciò non è necessariamente in contrasto con le piattaforme estrattive, a meno che non si dimostri un danno che queste causano a quelle attività; qui i pareri sono, tuttavia, assai controversi. Si veda quanto da me annotato a margine della posizione di Legambiente, più avanti.] 

6)        Ciò che si estrae da queste piattaforme non è necessariamente destinato alla produzione di carburante per autovetture, dunque non c’è da attendersi un impatto negativo sulla mobilità. Sulla quale bisognerebbe intervenire con politiche adeguate per limitare e ridurre i consumi di prodotti petroliferi. [NdA: Condivisibile, anche perché si estrae soprattutto gas che è usato marginalmente per l’autotrazione.] 

7)        L’attività estrattiva è potenzialmente inquinante, può alterare l’ecosistema come dimostrano i dati del ministero dell’Ambiente. La tecnica dell’ “air-gun” per la ricerca dei giacimenti è pericolosa per la fauna, in quanto alzerebbe il livello di stress dei mammiferi marini, ne modificherebbe il comportamento, ne indebolirebbe il loro sistema immunitario. [NdA: Ritengo che qui si faccia soprattutto riferimento al rapporto di Greenpeace “Trivelle fuorilegge” che cita dati di rilievi effettuati da ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per conto di ENI. Per quanto mi sia dato da fare, non sono riuscito a risalire al rapporto originale, ma solo a un documento ENI che ne fornisce una sintesi.Ho richiesto al Ministero dell’Ambiente l’accesso alle banche dati di sidimar, ma al momento, sebbene abbia creato le credenziali, non ho ricevuto l’email di attivazione.] 

8)        Un incidente (sversamento) potrebbe avere danni incalcolabili; rischio, questo, accentuato dalla geografia dei mari italiani che sono “chiusi”. [NdA: Non c’è dubbio, solo che tornando al precedente sistema non si risolve questo punto, almeno per i prossimi 10÷30 anni. 

 

La situazione corrente 

1)        Le nuove attività di ricerca entro le 12 miglia nautiche sono già vietate dalla legge; sono, invece, consentite senza limitazioni le ricerche e le estrazioni sulla terraferma e in mare oltre le 12 miglia nautiche (oltre le acque territoriali, per intenderci). 

2)        Secondo [6.] (automoto.it) e [18.] (tgcom24),in Italia ci sono a oggi 35 concessioni per l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia. Secondo [22.] (Il Fatto Quotidiano), queste concessioni interessano anche aree entro le 12 miglia, ma non sono più di quelle entro questo limite. Il dato delle 35 concessioni entro le 12 miglia è confermato da Legambiente (rif. [27.]) e dal documento “elenco delle piattaforma marine e delle strutture assimilabilipubblicato dal MISE che riporta la situazione aggiornata al 29 febbraio 2016. [NdA: Al riguardo si veda mia nota in coda al punto 11) che segue.] 

3)        Secondo [23.] (formiche.net), il numero totale di concessioni per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi in mare, in Italia è 69, di cui 35 entro le 12 miglia. Il sito geograficamente.wordpress.com (rif. [30.]) parla di 66 giacimenti in mare (di petrolio e gas) la maggior parte dei quali entro le 12 miglia. Successivamente però lo stesso sito quantifica in 21 i giacimenti entro le 12 miglia [NdA: È dunque difficile sostenere che siano la maggior parte, dato che sono meno del 50%.]. Lo stesso numero di 66 è citato dal sito ilpost.it (rif. [31.]) cui quello di geograficamente si richiama; solo che qui si parla di 66 concessioni e non di 66 giacimenti. Anche questo sito afferma che le concessioni entro le 12 miglia sono 21. 

4)        Secondo [6.] (automoto.it) e [18.] (tgcom24), di queste 21 concessioni tre sono inattive e una - Ombrina Mare, al largo della costa abruzzese, secondo [23.] (formiche.net) - è sospesa sino alla fine del 2016. Secondo [23.], nel 2015, cinque concessioni sono risultate improduttive. Questi dati sono confermati da Legambiente (rif. [27.]). Delle 35 concessioni, insomma, 9 sono date attualmente come non produttive. 

5)        Secondo [22.] (Il Fatto Quotidiano) e [23.] (formiche.net), le concessioni produttive sono in totale 26 su 35. Dato confermato da Legambiente (rif. [27.]) [NdA: In effetti, 35 meno 9 dà 26.] 

6)        Secondo [6.] (automoto.it), [18.] (tgcom24), [22.] (Il Fatto Quotidiano), [23.] (formiche.net) e [28.] (Legambiente), le piattaforme sono in totale 79 per un totale di 463 pozzi, così distribuite (dato confermato da Legambiente, rif. [27.]): 

-        47 piattaforme alimentate da 319 pozzi al largo dell’Emilia-Romagna e delle Marche [23.], [28.] 

-        22 piattaforme alimentate da 70 pozzi al largo dell’Abruzzo[23.], [28.],  

-        5 piattaforme e 29 pozzi nel Mar Ionio[23.], [28.] 

-        5 piattaforme e 45 pozzi nel canale di Sicilia[23.], [28.] 

7)        Secondo [23.] (formiche.net) di queste, solo otto (8) hanno una produzione rilevante tra le quali la più importante è quella abruzzese di Rospo di Mare che fornisce circa 250 mila tonnellate equivalenti di petrolio/anno. 

8)        Secondo [6.] (automoto.it), le concessioni scadute o in scadenza sono 9 (corrispondenti a 38 piattaforme) con proroga già richiesta. [NdA: Dal documento “elenco delle piattaforma marine e delle strutture assimilabili” pubblicato dal MISE che riporta la situazione aggiornata al 29 febbraio 2016 si ricava che 38 sono le piattaforme con anno di installazione che va dal 1991 al 2012. Se le date di concessione coincidono con quelle di installazione, le concessioni scadranno dunque tra il 2012 e il 2042. Si veda mia nota dopo il punto 12) qui di seguito.] 

9)        Secondo [6.] (automoto.it) e [18.] (tgcom24), le concessioni rimanenti (41 piattaforme) scadranno tra il 2017 e il 2027. 

10)     Secondo [6.] (automoto.it), le concessioni hanno durata di 30 anni e sono prorogabili fino a 15 anni (prima di 10 anni e poi di altri 5). Secondo [7.] (wired.it), le concessioni sono a oggi prorogabili di dieci anni e poi altre due volte di cinque anni, per un totale di venti anni. Quest’ultimo dato è confermato da qualeenergia.it (rif. [15.]). 

11)    L’articolo dell’Internazionale rif. [13.] riporta una mappa dell’Italia che mostra 21 piattaforme così distribuite: 7 nel Mare Adriatico, 7 nello Ionio e 7 nel canale di Sicilia. In realtà, però, la legenda parla di 21 compagnie concessionarie, anche se poi la figura mostra 21 piattaforme. Inoltre, nel testo dell’articolo si afferma che il MISE ha chiarito che il referendum riguarda 135 piattaforme attive, numero che non coincide con quello fornito per esempio da Legambiente (rif. [28.]) che fornisce una mappa di 79 piattaforme per 463 pozzi, analogamente ai siti citati nel punto 6) che precede. [NdA: In realtà, il MISE ha pubblicato un “elenco delle piattaforma marine e delle strutture assimilabili” che elenca tutte le piattaforme in Italia in cui enumera 135 piattaforme, più 3 unità galleggianti di stoccaggio temporaneo FSO (acronimo di Floating Storage and Offloading Unit ) e FPSO (acronimo di Floating Production Storage and Offloading Unit). Di queste, 92 sono indicate entro le 12 miglia. Esse interessano 6 Operatori: Adriatica Idrocarburi, Edison, Eni, Eni Mediterranea Idrocarburi, Ionica Gas, Medoilgas. Le concessioni sono 35. Le piattaforme di estrazione gas sono 81; quelle di estrazione petrolio 11. Le piattaforme inattive sono indicate in numero di 8. Il numero totale di pozzi collegati è di 481. A sette piattaforme sono assegnati zero pozzi, però solo una di queste è data come inattiva. I dati sono aggiornati al 29 febbraio 2016. Se si guarda ai numeri precedenti, torna solo quello delle 35 concessioni!]. 

12)    Il quotidiano.net (rif. [41.]) sembra essere l’unico ad avere realmente consultato l’elenco del MISE, perché è l’unico dare l’indicazione di 92 piattaforme entro le 12 miglia. Le concessioni, secondo questo sito, scadrebbero tra il 2018 e il 2034, un intervallo maggiore di quello indicato dagli altri. [NdA: Le date di attività delle piattaforme vanno dal 1964 al 2012. Poiché ci sono 38 piattaforme con anno di installazione tra il 1991 e il 2012 (per un totale di 23 concessioni e 163 pozzi; di cui 4 sono segnalate come inattive), con il regime di concessione preesistente, qualora la data di concessione coincidesse con l’anno di installazione, il loro sfruttamento scadrebbe tra il 2021 e il 2042, senza prolungamenti di venti anni, e tra il 2041 e il 2062, col prolungamento di vent’anni, ammesso dalla legge che sarebbe ripristinata con la vittoria del SI. Qualora la data di concessione non coincidesse con quella di installazione, ma fosse antecedente, queste scadenze potrebbero anticiparsi di qualche anno.] 

13)    Secondo il quotidiano.net (rif. [41.]) il settore estrattivo impiega 10 mila addetti diretti e sino a 29 mila contando anche l’indotto. [NdA: Non ho al momento elementi per confermare, ma in buona sostanza, le informazioni sintetizzate nel punto precedente suggeriscono che anche in caso di vittoria del SI non possa esserci un rischio immediato sui posti di lavoro]. 

14)     L’articolo di wired.it[7.] conferma i dati di Internazionale: 21 concessionari  così distribuiti: 7 in Sicilia (s’intende nel Canale), 7 nello Ionio (5 in Calabria e 2 in Basilicata), 7 nell’Adriatico (3 in Puglia, 2 in Emilia-Romagna, 1 nelle Marche, 1 nel Veneto). 

15)     I dati sui 21 concessionari sono confermati da Il Sole 24 Ore[14.] che però cita 106 installazioni nei mari italiani per estrarre petrolio o metano. Non è chiaro se intenda piattaforme o pozzi. Questo numero è diverso da quello fornito da tutti gli altri organi! 

16)     Secondo Legambiente[27.] le piattaforme soggette a referendum oggi producono il 27% del totale di gas e il 9% del greggio estratti in Italia. Nel 2015 hanno prodotto 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di Smc (standard metri cubi) di gas naturale. I consumi di petrolio in Italia nel 2014 sono stati di 57,3 Mtep, per cui l’incidenza dell’attività estrattiva è inferiore all’1%. Sempre nel 2014, in Italia i consumi di gas sono stati di 62 miliardi di Smc, per cui l’incidenza dell’attività estrattiva è stata intorno al 3%. 

17)     Secondo Legambiente[27.]l’Internazionale[13.], Il Fatto Quotidiano[22.]qualeenergia.it[15.],i dati del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), rif. [32.], e di Assomineraria stimano le riserve sotto i fondali italiani tali da soddisfare il fabbisogno di petrolio per 7 settimane e di gas per 6 mesi. 

18)     Una buona panoramica della produzione e delle riserve in Italia si trova nel sito formiche.net (rif. [23.]) che cita la pubblicazione ENI “World Oil and Gas Review 2015” (rif. [24.]). Da essa si ricava che in Italia sono presenti riserve per 619 milioni di barili di petrolio. Secondo il sito  formiche.net (rif. [23.]), il petrolio è estratto al ritmo di 114 000 barili al giorno [NdA: Con questo ritmo, le riserve hanno una prospettiva di durata di 5 400 giorni, pari 15 anni circa, lasso di tempo che potrebbe tranquillamente essere coperto dai prolungamenti previsti dal regime di concessione che il referendum intende ripristinare]. L’Italia consuma 1 235 000 barili al giorno (1 854 000 nel 2000) [NdA: Pertanto, se si utilizzasse solo la produzione nazionale, la riserva durerebbe 500 giorni. ca. 1,4 anni]. Le riserve di gas in Italia sono di 53 miliardi di metri cubi [NdA: standard?] estratti al ritmo di 6,98 miliardi di metri cubi l’anno. [NdA: Con il ritmo estrattivo attuale, le riserve avrebbero durata di 7,5 anni ca.] Il consumo pro-capite annuo è di 995 metri cubi di gas [NdA: Il che porta a un livello nazionale annuo di ca. 60,2 miliardi di metri cubi; le riserve, dunque, non basterebbero nemmeno per un anno se fossero usate esse sole per il fabbisogno nazionale!]. Importiamo, allora, 54,47 miliardi di metri cubi l’anno (siamo, a livello mondiale, il quarto paese importatore, battuti solo da Giappone, Germania e Stati Uniti) di cui 26,2 dalla Russia, 6,4 dall’Algeria, 6,5 dalla Libia, 11,4 dai Paesi Scandinavi e 0,3 dalla Croazia. Importiamo Gas Naturale Liquefatto in ragione di 4,4 miliardi di metri cubi l’anno dal Qatar e 0,5 dall’Algeria. La produzione nazionale di gas incide per l’11,4% sui consumi annui. 

C’è insomma a disposizione una bella messe di dati, anche se spesso disorganizzata, un po’ confusa e non sempre supportata dai dati ufficiali e, forse, affetta da un po’ di approssimazione. 

 

Motivazioni dei SI 

Dall’articolo dell’Internazionale (rif. [13.]) si apprendono le seguenti “ragioni” dei promotori: 

1)        Le scelte energetiche: durante la recente conferenza ONU sul clima l’Italia si è impegnata a cominciare una transizione verso le energie rinnovabili ma non sta facendo nulla in quella direzione (è citata un’affermazione in tal senso di Stefano Lenzi del WWF italiano). [NdA: A me risulta che l’Italia sia stata negli ultimi anni uno dei paesi europei con il più alto tasso di crescita nel settore. Su questo aspetto mi riservo di tornare con un successivo post.] 

2)        I giacimenti petroliferi italiani sono poca cosa [NdA: In termini di resa s’intende] e del tipo più “sporco” con alto contenuto di zolfo.  

3)        Secondo le valutazioni del MISE (rif. [32.]) le riserve accertate nei nostri fondali ammontano a 7,6 milioni di tonnellate di petrolio e con il tasso di consumo attuale coprirebbero il fabbisogno nazionale per solo sette settimane. Con le riserve della terraferma si coprirebbe il fabbisogno per tredici (13) mesi. [NdA: La pubblicazione ENI “World Oil and Gas Review 2015” rif. [24.] quantifica le riserve di petrolio in 619 milioni di barili; poiché 1 tonnellata di petrolio equivale a 7,3 barili secondo la nota (**) a pagina 4 del rapporto ENI (altre fonti fissano l’equivalenza a 6,841 barili per tonnellata), ne segue che le riserve dovrebbero essere, in totale, pari a ca. 84,8 milioni di tonnellate. Il dato riportato dall’Internazionale è quello del totale “MARE” della Tabella 18 a pagina 35 del rapporto del MISE. Questo dato si riferisce al 31 dicembre 2014 e riguarda le riserve certe. Il totale di riserve certe tra “TERRA” e “MARE” è di 84,8 milioni di tonnellate, numero coincidente con quello del rapporto ENI. C’è da tener presente il dato delle riserve probabili e possibili in “MARE” che sono, rispettivamente, stimate in: 2,8 milioni di tonnellate e 0,2 milioni di tonnellate. In termini di barili, le riserve certe al 31 dicembre 2014 ammontavano a ca. 585 miliardi di barili. Con il tasso di consumo del 2014 di 1 235 000 barili al giorno (secondo formiche.net, rif. [23.]) il totale delle riserve coprirebbe un periodo di 500 giorni ca., cioè 1,4 anni; il totale delle riserve a mare coprirebbe invece ca. 45 giorni, ossia 6,5 settimane ca.] 

4)        Le riserve di gas naturale sono invece assai più importanti arrivando a 53,7 milioni di metri cubi, senza però incidere molto sul bilancio energetico globale. [NdA: Questo dato, valido al 31 dicembre 2014, si ricava dalla Tabella 17 a pagina 34 del rapporto del MISE. A differenza di quello citato per il petrolio, esso è tuttavia riferito al totale delle riserve certe. Le riserve certe a “MARE” sono di 29,4 miliardi di Sm3, mentre quelle a “TERRA” di 24,3 miliardi di Sm3. Le riserve “A MARE” probabili e possibili, sono stimate in 33,0 miliardi di Sm3 e 12,6 miliardi di Sm3, rispettivamente.] 

5)        A fronte di giacimenti poco importanti, si deve invece tener conto che gli effetti sull’ambiente sono duraturi. A questo riguardo sono paventati due effetti: a) le onde d’urto causate dalla tecnica “air-gun” di prospezione che possono causare danni alla fauna [NdA: Si veda al riguardo anche il sito qualenergia.it, rif. [15.]]; b) nell’alto Adriatico l’estrazione di gas può causare la subsidenza, cioè lo sprofondamento, del fondali. Uno studio recente (Marzo 2106) di Greenpeace (rif. [33.]) documenta l’inquinamento dell’Adriatico causato dalle piattaforme. 

6)        I giacimenti marini rappresenterebbero un freno all’espansione del turismo  (che produce il 10% del pil nazionale), all’industria ittica e agroalimentare e, infine, un danno al patrimonio culturale. 

Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Luisiana Galta uscito il 30 marzo 2016 (rif. [22.]) mette a confronto un sostenitore del SI (Enrico Gagliano) con uno del NO (Umberto Minopoli) e fornisce una spiegazione del perché il codicillo “durata di vita utile del giacimento” è molto favorevole alle compagnie che estraggono. Le ragioni sarebbero queste: 

a)        Dismettere un impianto comporta costi altissimi per il concessionario. 

b)        Se si estraggono meno di 50 mila tonnellate di petrolio in mare [NdA: Nell’articolo non si menziona il periodo temporale, ma si presume che si riferisca all’anno], non si pagano royalties. Queste si cominciano a pagare nella misura del 7% solo dopo le prime 50 mila tonnellate, anche se parrebbe nemmeno per intero, perché scatta una detrazione di circa 40 euro a tonnellata (sopra alle 50 mila si presume). [NdA: In realtà da altre fonti – v. sopra – si apprende che il 7% si applica la petrolio, mentre per il gas si applica un tasso del 10% sopra i primi 80 milioni di Sm3 l’anno, fonte qualenergia.it.] 

c)        Alle società, dunque, converrebbe produrre poco per non pagare royalties ed evitare i costi di smantellamento. Da qui la necessità di allungare i tempi della concessione [NdA: Le società insomma ritarderebbero il ritorno degli investimenti per non pagare royalties ed esaurire troppo presto il giacimento! Sarà….]. 

d)        Questa possibilità ne trascina un’altra: quella di realizzare nuovi pozzi (e piattaforme?) se si scoprono altri giacimenti oltre a quelli esistenti, qualora questa possibilità (di nuovi pozzi) sia prevista dal programma originario della concessione rilasciata. Ciò pare stia accadendo nel Canale di Sicilia, dove ai quattro pozzi originari di Vega B se ne aggiungeranno otto nell’ambito della concessione di Vega A e per Rospo di Mare in Abruzzo (si parla di altri 4 pozzi). 

Il Fatto Quotidiano segnala una discrasia di posizioni all’interno della CGIL: quella della Basilicata sostiene che lo sfruttamento della Val d’Agri non ha portato benefici occupazionali, mentre il segretario nazionale dei chimici, Emilio Miceli, sostiene che votare NO tuteli migliaia di posti di lavoro. 

Le “ragioni” del SI sostenute da Enrico Gagliano sono: 

a)        La vittoria del SI non causerebbe un problema occupazionale, perché il referendum riguarda concessioni che erogano il 9% del petrolio e il 27% del gas estratti in Italia. Le piattaforme coinvolte hanno scadenza delle concessioni che va da poco più di un anno a circa undici anni. [NdA: Quest’affermazione non sembra essere supportata dai dati del più volte citato “elenco delle piattaforma marine e delle strutture assimilabili” pubblicato dal MISE.] I pozzi di gas hanno superato il picco di produzione. La vita residua media di 5/6 anni è sufficiente per riqualificare il settore.  

b)        L’Arpa dell’Emilia-Romagna ha misurato un abbassamento di circa due metri del fondale tra quattro e sei metri di profondità in prossimità della piattaforma gas Angela-Angelina. [NdA: Quest’affermazione richiede un approfondimento che mi riprometto per il futuro.] 

c)        La subsidenza del fondale è stata rilevata anche in Calabria, vicino a Crotone, dal sismologo Leonardo Seeber della Columbia University. [NdA: Anche per quest’affermazione mi riprometto un approfondimento futuro.] 

d)        La Croazia – una volta presa a modello da seguire – ha deciso di bloccare i progetti di estrazione nell’Adriatico per non ostacolare il turismo. [NdA: L’Italia importa 0,3 miliardi di Sm3 l’anno dalla Croazia, secondo formiche.net.] 

e)        Sebbene le società lo escludano, il rischio di sversamento è incombente come dimostra Rospo di Mare (vicino alle Tremiti) dove, tra il 2005 e il 2013, si sono avuti due sversamenti, con l’ultimo dei quali sono finiti in mare mille litri di idrocarburi. [NdA: Ho ricercato informazioni su questo sversamento e ho trovato un articolo de Il Fatto Quotidiano, “Rospo mare: la singolare storia del presunto sversamento di petrolio”, di Maria Rita D’Orsogna del 31/01/2013, rif. [35.], che, come affermato nel titolo, riporta che, quello segnalato nella notte del 22 gennaio 2013, sarebbe stato alla fine ricondotto da Edison a qualcosa di diverso da una perdita dalla piattaforma, essendosi presumibilmente trattato di una chiazza di terra ed erba di origine fluviale. L’autrice dell’articolo solleva comunque molti dubbi su questa conclusione. Si veda su questo argomento anche il rif. [36.]. Altre informazioni, chi fosse interessato, può ottenerle con Google, inserendo le parole chiave “Incidente piattaforma Rospo di Mare “. Anche al riguardo intendo approfondire con un po’ di calma.] 

f)         Il gas prodotto da questi impianti off-shore è appena il 3% del fabbisogno nazionale; il resto del gas arriva con cinque metanodotti (il 90%) e per il restante 7% con navi gasiere. Non c’è rischio di aumentare il traffico delle importazioni, dunque, mentre si potrebbe puntare sulle rinnovabili e l’efficienza energetica. Secondo Enel e Confindustria il solo efficientamento energetico potrebbe creare 400 mila nuovi posti di lavoro e un giro d’affari tra 350 e 500 miliardi di euro. [NdA: Argomento molto interessante, questo, che approfondirò in un prossimo post. Segnalo per il momento alcuni interventi in materia di trivelle ed energie rinnovabili: ilsussidiario.net_1, rif. [42.]ilsussidiario.net_2, rif. [44.]Panorama, rif. [43.], Il Fatto Quotidiano, rif. [45.], l’Ansa, rif. [46.]. In buona sostanza, i sostenitori del SI affermano che le risorse delle trivellazioni potrebbero essere impiegate per le energie rinnovabili; gli altri sostengono che l’Italia è in questo momento uno dei Paesi Europei con il più alto tasso di sviluppo delle energie rinnovabili – cosa che tra l’altro risulta anche a me – e che, in ogni caso, non è automatica la riconversione dall’una all’altra fonte di energia. Altro discorso è l’aspetto del miglioramento dell’efficienza, tra l’altro richiesto dall’Europa con le sue Direttive obiettivo 20-20-20, entro il 2020, e l’obiettivo 40-27-27, entro il 2030.] 

g)        Le riserve di idrocarburi secondo il MISE sono tali da coprire un fabbisogno di 7 settimane, con il petrolio, e 6 mesi, con il gas. Non rappresentano dunque un’attività strategica, mentre hanno ricadute negative su turismo (10% di pil e 3 milioni di addetti), pesca (2,5% del pil e 350 mila addetti) e settore agroalimentare (8,7% del pil e 3,3 milioni di occupati): il rischio industriale è superiore ai benefici. 

Una “ragione” un po’ particolare è espressa dall’appello citato da La Repubblica (rif. [19.]) “Non distruggete le Tremiti, isole di Dalla” (rif. [20.]). Nello stesso articolo, è citata una motivazione politica espressa da Zaia (presidente della regione Veneto): “Noi continuiamo a opporci con fermezza alle perforatrici che il governo Renzi vuole calare sui nostri territori e a lottare con ogni mezzo contro lo sfruttamento petrolifero dell’Adriatico, che potrebbe provocare enormi danni al nostro ambiente e all’economia turistica costiera...” [NdA: Per conseguire questo obiettivo bisognerebbe bloccare tutte le trivellazioni anche oltre le 12 miglia e da subito; con questo referendum, anche se vincessero i SI, non si potrebbe ottenere il risultato che vuole Zaia…] 

Greenpeace (rif. [21.]) ha dedicato all’evento un’intera pagina web dove riporta queste sei motivazioni: 

1)         Difendi il tuo diritto di scegliere. 

2)         Una perdita di petrolio sarebbe un disastro. 

3)         Mettiamo in pericolo il mare per un pugno di barili! 

4)         Ci guadagnano solo i petrolieri. 

5)         La ricchezza del nostro paese non è il petrolio. 

6)         Le trivelle non risolvono i nostri problemi energetici. 

Nella stessa pagina poi si afferma: 

a)         Referendum trivelle: 12 grandi artisti a difesa del mare! 4 aprile 2016; 

b)         Trivelle, vecchie spilorce! 1 aprile 2016 – Tre su quattro entro le 12 miglia non pagano royalties. Il 40% è fermo. 

[NdA: Qui si mischiano argomenti emotivo-sentimentali (gli artisti, il diritto di scegliere, mettiamo in pericolo il mare per un pugno di barili) con argomenti “utilitaristici” (non risolvono il fabbisogno energetico, un pugno di barili, il 40% è fermo, lo Stato ci guadagna poco perché i 3/4 non pagano royalties). L’argomento del 40% è fermo, oppure rendono poco, dovrebbe essere accampato dai petrolieri non dagli altri. Se ci sono pochi idrocarburi da estrarre, vuol dire che chi ha fatto l’investimento non ci guadagna granché e non c’è nemmeno pericolo di un prolungamento dell’estrazione. Circa il dato del 40% fermo, esso non è supportato dai dati del MISE che nell’“elenco delle piattaforma marine e delle strutture assimilabili” cita 8 piattaforme inattive su 92 entro le 12 miglia, il che dà l'8,7% non il 40%!] 

Analoga posizione è espressa da Legambiente (rif. [27.], [28.] e [29.]) che sostiene che la produzione di questi giacimenti incide per meno dell’1% del fabbisogno nazionale di petrolio e del 3% per il gas. Legambiente, attraverso la presidente Rossella Muroni, sottolinea come il non mettere una scadenza alle concessioni per lo sfruttamento di un bene pubblico rappresenti un trattamento di favore a dei privati che si appropriano di beni dello Stato e lede anche una regola comunitaria. Le compagnie petrolifere, secondo Legambiente, si avvalgono di agevolazioni quantificate in circa 2,1 miliardi tra sussidi diretti e indiretti [NdA: Questo è un dato elaborato da Legambiente che non riporta però come lo ha ottenuto. Sarebbe bello che queste elaborazioni fossero documentate per dare la possibilità agli scettici di falsificarli, in senso Popperiano intendo.] 

Anche il sito formiche.net (rif. [23.]) cita: 

1)         La tecnica”’air-gun” che danneggia pesantemente l’ambiente marino. 

2)         L’ininfluenza dei giacimenti sul fabbisogno nazionale (riserve per 6-7 settimane di fabbisogno per il petrolio e di 6 mesi per il gas). 

3)         I vantaggi per le compagnie petrolifere. 

 

Motivazioni dei No 

Le “ragioni” del NO esposte su Il Fatto Quotidiano nell’articolo a firma di Luisiana Galta uscito il 30 marzo 2016 (rif. [22.]) da Umberto Minopoli (Presidente dell’associazione italiana nucleare e tra i fondatori dell’associazione Ottimisti & Razionali) sono le seguenti: 

a)        Le piattaforme estrattive a Ravenna non hanno frenato il turismo, ma anzi apportato benefici anche dal punto di vista del ripopolamento della fauna ittica (ripopolamento di cozze). I problemi si sono avuti, invece, nel passato con gli impianti petrolchimici che importavano idrocarburi. [NdA: Sull’argomento mitili basta fare una ricerca su Google con le parole “Monitoraggi ENI-ISPRA” per avere accesso a una serie di notizie il cui succo sembra essere: Greenpeace afferma di non avere mai asserito che i mitili prodotti in prossimità delle piattaforme non siano commestibili – v. sito ravennanotizie.it articolo del 25 marzo 2016 -  mentre ENI ha pubblicato il 19/03/2016 un intervento (pdf, rif. [37.]) in cui riassume i dati  rilevati col monitoraggio eseguito da ISPRA e conclude che i mitili provenienti dalle piattaforme non comportano alcun rischio per la salute delle persone. Sul monitoraggio delle piattaforme si rimanda ai rif. [38.], che contiene un filmato ottenuto da ISPRA dell’ambiente marino nei pressi di una piattaforma, e al rif. [39.], che riporta l’attività di monitoraggio ambientale documentata dal MISE.] 

b)        Il fenomeno della subsidenza è strutturale e riguarda tutta la fascia appenninica con uno spostamento costante di questa verso est che porterà alla scomparsa del Mare Adriatico fra un milione di anni. [NdA: Argomento interessante da approfondire.] 

c)        Nelle piattaforme c’è un elevato tasso di rispetto dell’ambiente garantito da tecnologie di alta qualità. Non si scarica nulla a mare; i residui sono trattati e portati a terra in discariche specializzate. I sistemi di trattamento delle acque ne consentono la piena potabilità. Quanto al problema di smantellamento, in California sono proprio gli ambientalisti a richiedere che le piattaforme non siano smantellate perché oramai integrate nell’ecosistema marino. 

d)        Nell’ipotesi di fermare gli impianti offshore in oggetto, aumenterebbero i rischi per l’ambiente anziché diminuire, perché si dovrebbero sostituire quei volumi di produzione con altrettanti importati dall’estero con petroliere e gasiere LNG. Si avrebbero costi più elevati per l’importazione e per gli impianti di rigassificazione (che oltretutto nessuno vuole). L’unica alternativa credibile sarebbe ridurre i consumi di prodotti petroliferi con conseguente riduzione delle attività industriali. [NdA: Qui l’intervistato afferma anche che si correrebbe il rischio di rinunciare a ricoprire con asfalto il manto autostradale. Questa affermazione mi sembra francamente veramente eccessiva.] 

e)        L’industria petrolifera si auto-finanzia e paga le royalties, assumendosi i rischi economici della ricerca senza aiuto da parte degli stati. Le rinnovabili hanno invece ancora bisogno di finanziamenti pubblici (diretti e indiretti attraverso le bollette) e non sono ancora in grado di sostituire integralmente i prodotti petroliferi. [NdA: Argomento da approfondire].  

Secondo il sito formiche.net (rif. [23.]), che ho trovato ben strutturato, i favorevoli al NO sostengono le seguenti ragioni: 

1)         Si perderebbero investimenti e lavoro. 

2)         Il rischio di incidenti è remoto: solo 3 negli ultimi 65 anni (due a terra, Cortemaggiore nel 1950 e Trecate nel 1994; 1 in mare a Ravenna nel 1965). [NdA: Non è citato l’incidente di Rospo di Mare riportato da Gagliano e da altri.] 

3)         La disponibilità di risorse energetiche è fondamentale e l’Italia è fortemente dipendente dall’estero e da paesi inaffidabili. 

 

Motivazioni di coloro che sostengono l’astensione 

Queste sono espresse nel sito degli “Ottimisti & Razionali” cui rimando. 

 

Conclusioni 

Ho cercato di analizzare le informazioni disponibili secondo la modalità che io definisco dello “Scettico razionale”, cioè credere a tutti e a nessuno, sino a prova contraria. In effetti, si è visto qui sopra che, andando a fondo, si trovano informazioni non sempre corrette e aderenti alle fonti. 

Non sono convinto né dalle tesi dei SI, né da quelle dei NO. Le une e le altre traballano a un esame più approfondito e risentono spesso di un approccio dogmatico: il sostenitore di un argomento appare, in genere, avere una tesi precostituita e di cercare di forzare i dati per sostenerla. Forzare i dati non vuole necessariamente dire cambiarli, ma anche dimenticarne ad arte alcuni.  

Tutto sommato, questo referendum mi pare una grande mistificazione. L’idea che mi sono formato è riassumibile nei seguenti punti: 

1.        Il ritorno al regime di concessioni precedenti (sino a 50 anni di durata) può prolungar sino a un periodo che può spaziare dal 2041 al 2062 le concessioni acquisite dopo il 1991 (sono 38 secondo i dati del MISE). Se,  col referendum, s’intendeva limitare il rischio ambientale, mi pare che questo obiettivo non possa essere raggiunto. Affermarlo è, appunto, una mistificazione. 

2.        Sorprende l’approccio “utilitaristico” che usano i sostenitori del SI a sostegno della propria tesi, riassumibile più o meno in quest’affermazione: siccome rendono poco, non conviene correre i rischi di questi giacimenti. Ma come si è visto, atteso che con la vittoria del SI, non si eliminerebbero questi rischi almeno per i prossimi 40-50 anni; se le piattaforme rendono poco e sono inattive (Legambiente sostiene che lo è il 40%, ma i dati del MISE dicono un’altra cosa) il rischio si riduce. Il fatto che le riserve siano modeste è vero. Ciò conduce - ai tassi di estrazione attuali che anche i fautori del SI sostengono essere bassi - a un esaurimento dei giacimenti ben prima della fine delle concessioni. Il che rafforza l’idea che si sta combattendo una battaglia inutile. 

3.        D’altra parte non c’è un limite alle estrazioni oltre le 12 miglia nautiche. Il rischio, qualora ci fosse, sarebbe dunque spostato solo di qualche miglio, se è vero che più a largo si pensa che ci siano giacimenti interessanti (soprattutto per il gas). 

4.        Quanto al rischio di perdere posti di lavoro, paventato dai sostenitori del NO, lo stesso argomento usato nel punto 1. suggerisce cha anche questo rischio è assai modesto, perché le attività potrebbero prolungarsi sino al 2041÷2062. 

5.        Il fatto che l’attività estrattiva vada in controtendenza agli obiettivi dell’Unione Europea (per esempio l’obiettivo 20-20-20 entro il 2020) è forzato. L’obiettivo 20-20-20 è basato sull’efficienza energetica che vuol dire minore consumo di energia. È questo obiettivo a portare anche una diminuzione dell’emissione di CO2. D’altra parte molti Paesi Europei, giudicati virtuosi sotto l’aspetto ambientale, continuano a costruire piattaforme estrattive nel Mare del Nord. 

6.        Negli ultimi anni, l’Italia ha avuto i tassi di crescita delle fonti rinnovabili tra i più alti d’Europa, pur in presenza di piattaforme che estraevano gas naturale e olio. Non è dunque vero che questa attività frena le energie rinnovabili. 

7.        Anche l’argomento dei sostenitori del NO che la vittoria del SI causerebbe una maggiore importazione di idrocarburi e un danno ambientale, oltre che alla bilancia dei pagamenti, è palesemente forzato. Con il regime precedente, come detto, le concessioni attuali potrebbero essere prolungate sino al 2041÷2062. A breve non ci può, dunque, essere l’impatto paventato sulle importazioni. Quanto all’impatto ambientale (petroliere e navi gasiere), le piattaforme italiane estraggono soprattutto gas naturale. Se questa attività fosse, per assurdo, sospesa, il gas in più sarebbe quasi certamente importato dai cinque metanodotti, con impatto ambientale nullo, o quasi. 

8.        La disputa è dunque solo politica e oserei dire ideologica, tra coloro che contrastano le attività estrattive e coloro che le sostengono, entrambi però su basi non sempre razionali (volutamente?). La vittoria dell’uno o dell’altro comporterebbe nell’immediato nessun cambiamento. Per questo, sostengo trattarsi di una grossa mistificazione. 

9.        Piuttosto che spendere soldi per una consultazione dagli effetti pratici nulli, nell’uno e nell’altro caso, sarebbe stato meglio concentrarsi sulle azioni di controllo e sorveglianza. Le Regioni hanno questo potere e potrebbero spendere meglio i nostri soldi nell’intensificare e migliorare quest’azione, invece di promuovere consultazioni dagli effetti pratici nulli. 

10.     Ciò che, infine, mi spaventa di tutto ciò è il continuo tentativo di sostituire il fare con il vietare a fare, nel timore di non riuscire a far fare le cose bene. Bisognerebbe una buona volta cambiare orientamento: certe attività possono essere meno cattive di quanto temuto se solo si attivassero le procedure di controllo e si facesse rispettare la legge. Sarebbe assai meglio che chi ha il potere e il dovere di controllare si desse da fare per migliorare questo aspetto. Non ci sarebbe allora bisogno di promuovere consultazioni inutili. Concentriamoci su ciò che realmente serve alla comunità. 

 

Note e riferimenti 

[1.]         Il miglio marino o nautico equivale a 1 852 m ca. La distanza di 12 miglia marine corrisponde a 22,2 km. 

[2.]         Acque territoriali  

https://it.wikipedia.org/wiki/Acque_territoriali 

[3.]         A proposito della posizione di Prodi si veda l’articolo di affaritaliani.it: 

http://www.affaritaliani.it/politica/trivelle-romano-prodi-referendum-412990.html 

[4.]        Google offre una serie di immagini legate a questa campagna pro SI al seguente indirizzo web: https://www.google.it/?gws_rd=ssl#q=trivella+tua+sorella 

[5.]         A questo indirizzo web si trova il commento (tra gli altri) del quotidiano Il Fatto Quotidiano alla campagna denominata “Trivella tua sorella”: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/15/trivella-tua-sorella-polemiche-per-la-campagna-pro-si-al-referendum-stupro-dei-mari-come-quello-di-una-donna/2547808/ 

[6.]         http://www.automoto.it/news/referendum-trivelle-17-aprile-tutte-le-informazioni.html 

[7.]         http://www.wired.it/attualita/ambiente/2016/03/17/trivelle-referendum/ 

[8.]         Dal sito normattiva:  

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2015-12-30&atto.codiceRedazionale=15G00222&currentPage=1 

[9.]        Dal sito della Camera dei Deputati:  

http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/06152dl.htm#1 

[10.]      http://www.sintai.sinanet.apat.it/normativa/152_2006.pdf

[11.]      http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2006_0152.htm#006 questo sito riporta il testo coordinato 
             del decreto legislativo n. 152/2006 indicando quale legge successiva ha causato l’aggiornamento. 

[12.]      Nel sito http://www.automoto.it/news/referendum-trivelle-17-aprile-tutte-le-informazioni.html si afferma essere 17 le concessioni non scadute, ma in realtà 35 – 9 = 26. È curioso che lo stesso errore compaia nel siro di tgcom24 ([18.]) 

[13.]      http://www.internazionale.it/notizie/2016/03/23/trivelle-referendum-quesito-spiegato A questo indirizzo web si trova un articolo dell’Internazionale titolato “Il referendum sulle trivelle spiegato da chi l’ha scritto” firmato da Marina Forti, giornalista, che afferma quanto segue (cito testualmente): «L’intenzione dei promotori del referendum del prossimo 17 aprile è chiara: fermare le trivellazioni e mettere fine alla ricerca e all’estrazione di petrolio e gas nei mari italiani, almeno entro il limite di 12 miglia nautiche che definisce le acque territoriali. L’intenzione è esplicita, e rimanda a questioni di fondo: la politica energetica del paese, gli impegni assunti dall’Italia per limitare le emissioni di gas di serra che alterano il clima, la sua politica industriale. Se puntare sui pochi giacimenti di gas e di petrolio italiani, o piuttosto su altre risorse – turismo, agricoltura, beni culturali, protezione ambientale.» 

Probabilmente sarà così, solo che non saranno questi gli effetti del referendum in caso di vittoria del SI! 

[14.]      Il Sole 24 Ore: 

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-01-20/energiale-faq-difendere-ambiente-e-sviluppo-trivelle-10-risposte-referendum-161853.shtml?uuid=ACxG0rDC&refresh_ce=1 

[15.]      http://www.qualenergia.it/articoli/20160315-trivelle-il-referendum-del-17-aprile-spiegato-bene 

[16.]      http://www.ilpost.it/2016/01/21/referendum-trivelle-trivellazioni/ 

[17.]      http://www.iltempo.it/economia/2016/03/22/ecco-cos-e-il-referendum-sulle-trivelle-1.1521617 

[18.]      http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/trivelle-cosa-prevede-davvero-il-referendum-del-17-aprile_2165869-201602a.shtml 

[19.]      http://www.repubblica.it/politica/2016/01/19/news/treferendum_trivelle_corte_costituzionale-131588760/ 

[20.]      La Repubblica “Non distruggete le isole di Dalla: noi delle Tremiti faremo resistenza” 12 gennaio 2016 - http://www.repubblica.it/ambiente/2016/01/12/news/_non_distruggete_le_isole_di_dalla_noi_delle_tremiti_faremo_resistenza_-131057789/ 

[21.]     http://www.greenpeace.org/italy/it/Cosa-puoi-fare-tu/partecipa/referendum-trivelle/?gclid=CKjli8T-68sCFUORGwodAIsLxw 

[22.]     http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/30/trivelle-guida-al-referendum-lavoro-inquinamento-e-politiche-energetiche-fronte-del-si-e-del-no-confronto/2563033/ 

[23.]     http://formiche.net/2016/03/28/referendum-trivelle-no-triv/ 

[24.]     ENI – World Oil and Gas Review 2015 - http://www.eni.com/en_IT/attachments/azienda/cultura-energia/wogr/2015/WOGR-2015-unico.pdf 

[25.]     http://urbanpost.it/referendum-trivelle-17-aprile 

[26.]     http://www.today.it/politica/referendum-trivelle-17-aprile-2016.html 

[27.]     http://www.legambiente.it/contenuti/articoli/trivelle-referendum-17-aprile-la-mappa-legambiente-delle-piattaforme 

[28.]     Mappa delle piattaforme e dell’attività di ricerca entro le 12 miglia: 

http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/mappa_trivelle_2016.pdf 

[29.]      Tabelle con i dati delle concessioni: 

http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/piattaforme_e_ricerca_entro_le_12miglia_2016.pdf 

[30.]      https://geograficamente.wordpress.com/2016/03/13/le-trivellazioni-in-mare-il-17-aprile-un-referendum-sul-futuro-energetico-un-si-allabrogazione-del-decreto-che-autorizza-il-rinnovo-delle-concessioni-allestrazioni-di-gas-e-petrol/

[31.]       http://www.ilpost.it/2016/03/08/guida-referendum-trivellazioni-petrolio/

[32.]      MISE – DGRME – Rapporto annuale 2015 – Attività dell’anno 2014 – Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche (http://unmig.mise.gov.it/unmig/stat/ra2015/it/ra2015.pdf 

[33.]      Trivelle fuorilegge, Uno studio sull’inquinamento provocato dalle attività estrattive in Adriatico – Greenpeace (http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2016/Trivelle_Fuorilegge.pdf) 

[34.]      Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare (MATTM) – Sistema integrato di sorveglianza delle piattaforme petrolifere: 

(http://www.naturaitalia.it/apriParagrafiArticoloSezioneMenu.do?idArticolo=282&paragrafo=1) 

[35.]      Il Fatto Quotidiano – Rospo mare: la singolare storia del presunto sversamento di petrolio – Maria Rita D’Orsogna, 31/01/2013 (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/31/rospo-mare-la-singolare-storia-del-presunto-sversamento-di-petrolio/484998/ 

[36.]     https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=10&ved=0ahUKEwikk6u8hPrLAhUB3SwKHRVODXwQFghHMAk&url=http%3A%2F%2Fwww.va.minambiente.it%2FFile%2FDocumento%2F88521&usg=AFQjCNGpn2ldv1ApiOoVr7rEWCNd6Pb71w . Riporta della corrispondenza attinente all’evento. 

[37.]      ENI: le attività di produzione di gas naturale offshore sono svolte nel pieno rispetto dell’ecosistema marino (https://www.eni.com/it_IT/attachments/media/comunicati-stampa/2016/03/CS_Eni_attivita_Adriatico.pdf) (http://www.eni.com/it_IT/media/comunicati-stampa/2016/03/Eni_attivita_gas_offshore_svolte_nel_rispetto_ecosistema.shtml 

[38.]     ISPRA – Newsletter n. 76 – Anno 2014 – Emilio, Il monitoraggio di una piattaforma a gas (>> sito e >> filmato 

[39.]      Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) – Sicurezza – Monitoraggi ambientali – Anno 2014 (http://unmig.mise.gov.it/unmig/sicurezza/ambiente.asp) 

[40.]     Sito web Ottimisti & razionali (http://ottimistierazionali.it/perche-or/) 

[41.]     QN. Referendum trivelle., le ragioni del Si e quelle del No (http://www.quotidiano.net/referndum-trivelle-17-aprile-1.2028521 

[42.]     Ilsussidiario.net – Referendum trivelle / 17 aprile 2016: Erri De Luca attacca, “censura sul voto”. Ma è così? (http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2016/4/5/Referendum-Trivelle-17-aprile-2016-e-il-voto-il-Presidente-della-Regione-Toscana-Renzi-va-rafforzato-ultime-notizie-oggi-5-aprile-2016-/693407/ 

[43.]     Panorama – Referendum trivelle ed energie rinnovabili (http://www.panorama.it/scienza/green/referendum-trivelle-ed-energie-rinnovabili/ 

[44.]     Il sussidiario.net – Referendum trivelle / 17 aprile 2016 e il voto: Renzi, “falso dire che non si investe su rinnovabili, siamo leader” (http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2016/4/4/REFERENDUM-TRIVELLE-Voto-17-aprile-2016-Renzi-normale-sperare-che-fallisca-la-legge-l-ha-fatta-il-Pd-ultime-notizie-oggi-4-aprile-/693048/ 

[45.]     Il Fatto Quotidiano – Referendum Trivelle, governo bugiardo e antidemocratico, di Fabio Marcelli (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/29/referendum-governo-bugiardo-ed-eversore/2559601/) 

[46.]     Ansa – Trivelle: Renzi, spero referendum fallisca 

(http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/inquinamento/2016/04/05/trivelle-renzi-spero-referendum-fallisca_68a59236-ce38-4472-a7f5-b69e690b22f7.html 

Aggiungi un commento